“Il Sangue Che Resta” e l’Opera Senza Nome

 

Heinrich Johann Fuessli – Lady Macbeth prende il pugnale

Heinrich Johann Fuessli – Lady Macbeth

Un thriller fuori dagli schemi quello di Jennifer Lee Carrell, lo definirei piuttosto un noir “colto”,  perché uno dei suoi maggiori meriti è quello di farci venire voglia di (ri)avvicinarci a uno dei classici per eccellenza: William Shakespeare.

Nello specifico l’opera da cui trae ispirazione è il Macbeth; e come potrebbe essere altrimenti, dato che il Macbeth, tra le opere del Bardo e della letteratura di tutti i tempi, costituisce una delle più efferate rappresentazioni del male?

Non a caso nel mondo del teatro, notoriamente superstizioso, il nome di questa tragedia non viene mai pronunciato; ad essa ci si riferisce come “Scottish Play” (dramma scozzese) o “opera senza nome”.

Se siete puristi del thriller non vi consiglio caldamente di leggere “Il sangue che resta”: pur coinvolgente e ricco di  colpi di scena, l’intreccio è un po’ farraginoso, alcune trovate decisamente stucchevoli, la protagonista è una specie di improbabile super-eroina, e alcuni degli enigmi disseminati lungo la narrazione non vengono sciolti, lasciando al lettore una sensazione di incompiutezza.

Tuttavia questo romanzo ha degli aspetti talmente affascinanti da avermi spinto a leggerlo d’un fiato: prima di tutto il già citato merito di trasportarci nel mondo di Shakespeare e del mistero che lo circonda. Del Bardo, della sua vita, non si sa quasi nulla; si sa che era di umilissime origini, e dopo decenni di buio lo si ritrova presso le corti della Gran Bretagna con la sua compagnia di attori impegnati nella rappresentazione delle sue opere, opere frutto di una mente di vastissima cultura e genio creativo. Come si è procurato quell’immenso patrimonio di conoscenza?

Come riusciva a trasformarlo in straordinari mondi di fantasia in grado di catturare le platee più colte?

La Carrell, che è una studiosa serissima di Shakespeare, non sale in cattedra ad annoiarci; al contrario ci dà degli spunti, ci spinge a farci delle domande, ci appassiona, ci incuriosisce.

L’autrice inoltre gioca, in modo intelligente e sulla base dei fatti storici, ad inventare delle ipotesi suggestive sul perché il Macbeth sia sempre stata considerata una tragedia “maledetta”, ed è proprio intorno a questa tematica che l’intreccio del thriller viene costruito.

La narrazione si muove su 3 piani temporali:

  1. l’anno 1000, quello in cui visse il vero Macbeth, re di una popolazione scozzese, e in cui viene ambientata la tragedia che a questi si ispira.  Re Macbeth aveva il suo castello su Dunsinnan Hill, luogo  attualmente indicato dalla tradizione locale come collina del Piccolo Popolo ( le Fate). E si sa, chi si inoltra da solo su un luogo delle Fate potrebbe varcare la soglia del loro mondo per non fare più ritorno o uscirne con la mente irrimediabilmente sconvolta.
  2. il 1606, quando l’”opera senza nome” venne scritta e rappresentata per la prima  volta dalla compagnia di attori di Shakespeare presso la corte di Hampton Court in presenza del Re, sotto il Regno della regina Elisabetta I.
  3. i giorni nostri, in cui la Carrell immagina che qualcuno sia disposto ad uccidere pur di procurarsi una versione inedita dall’opera, la primissima versione che venne scritta e mai rappresentata, dalla quale Shakespeare avrebbe stralciato una parte cruciale ed inquietante, intrisa di riferimenti all’occulto.

La fama oscura del Macbeth risalirebbe a una misteriosa morte verificatasi in occasione della prima rappresentazione del 1606, e la Carrell si diverte ad immaginare un intreccio assai coinvolgente che la collega a due personaggi: uno, realmente esistito, che è quel John Dee, astrologo della regina Elisabetta I , matematico ed esperto di scienze occulte, con il quale è probabile che Shakespeare sia venuto effettivamente in contatto.

Il secondo personaggio, del tutto di fantasia, a cui la Carrell ricollega la fama di “opera maledetta” del Macbeth è una donna in odore di stregoneria dalla sfrenata ambizione e sete di potere, quella a cui Shakespeare si sarebbe ispirato per creare Lady Macbeth, la vera anima nera della tragedia.

Lady Macbeth

A questo punto è chiaro che un’altra delle tematiche forti dell’opera è quello della magia: la magia e l’occultismo presenti nelle opere di Shakespeare, in particolare nel Macbeth, (ma anche ne La Tempesta, nel Sogno di una Notte di Mezza Estate…), su cui la Carrell ha fatto studi approfonditi.

Ma anche la magia che sopravvive ancora ai giorni nostri, sempre presente nel suo dualismo di magia bianca, legata alla natura, alla terra e alla fertilità, e magia nera, legata all’ambizione, al sangue e alla morte.

Nel romanzo si trovano vari riferimenti alla simbologia magica: lo specchio divinatorio di ossidiana nera, nel cui riflesso confuso si intravedevano immagini del futuro o del passato, o che fungeva da porta verso il mondo delle ombre, il calderone, il pugnale rituale, i cerchi di pietre,  il frequente ritornare di frasi circolari dal potente valore esoterico: “Non esiste che ciò che non esiste” (che  nel significato si ricollega all’amletico Essere o non Essere in riferimento a un mondo che è al di là del percepibile).

Sempre a proposito della magia la Carrel ci ricorda un aspetto affascinante a cui spesso non si pensa perché, a causa della versione tramandata per secoli dalla Chiesa Cattolica, si tende ad associare la magia al Medio Evo e alla pratica della stregoneria.

In realtà le pratiche che nel Medioevo portarono tante persone al rogo erano in molti casi il persistere nelle classi popolari  di riti “magici” tradizionali, spesso legati alla fertilità della terra, che risalivano a tantissimi secoli prima, al paganesimo (sia romano che celtico), e il sabba infernale fu un pretesto utilizzato dalla Chiesa per estirpare tramite l’Inquisizione le ultime vestigia del paganesimo.

Letteratura classica, storia, fantasia, magia, thriller, questi sono gli ingredienti, ma ne manca uno: quello degli enigmi, dell’indagine condotta secondo gli schemi tradizionali del giallo, in modo deduttivo, e tramite l’interpretazione di messaggi criptici, simboli, giochi di parole, come in un’appassionante caccia al tesoro.

Consiglio “Il sangue che resta” se non vi aspettate un thriller tradizionale ma una lettura ricca di spunti che vi incuriosiranno e vi spingeranno verso altre letture ed approfondimenti. In special modo nel segno di Shakespeare e del suo “lato oscuro”!

 

 

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